La Forma Classica
LA SINDROME
la forma classica
L’organizzazione stadiale della sindrome, oggi unanimemente ritenuta il modello ed il profilo clinico evolutivo caratteristico della “forma classica” della Sindrome di Rett, fu individuata nel 1986 da Hagberg e Witt-Engerström alla luce delle evidenze cliniche emerse fino a quel momento.
La schematizzazione di questi stadi serve solo per comprendere a grandi linee il
decorso della patologia in quanto sono caratterizzati da una variabilità interindividuale nei tempi e nella gravità sintomatologica.
I quattro stadi sono così delineati (Hagberg, Witt-Engerström, 1986):
STADIO DELLA STAGNAZIONE PRECOCE (TRA I 6 E I 18 MESI)
DURATA: MESI
Più che a un decadimento delle acquisizioni tipiche di questa età, si assiste ad una
stagnazione di difficile identificazione a causa dell’esordio vago. Si verificano infatti, decelerazione della crescita, ipotonia e disinteresse per le attività ludiche.
Solitamente fino ai 6-18 mesi le bambine pronunciano le prime parole, manipolano oggetti ed alcune raggiungono la stazione eretta fino a muovere i primi passi. Sembrano quindi non esserci segni apprezzabili di alterazione, in realtà vi è la presenza di una serie di segni e sintomi aspecifici e parafisiologici
che passano inosservati quali eccessiva calma e silenziosità, tono muscolare debole
e dissociazione dello sviluppo motorio, dai quali si evincerebbe un’alterazione dello sviluppo già nella prima infanzia.
Questo periodo, definito preclinico, è di difficile diagnosi: possono apparire difficoltà nell’acquisire l’andatura in quadrupedica, difficoltà nei passaggi posturali, e, nonostante una apparente tranquillità, si possono presentare disturbi del sonno e dell’alimentazione con una certa variabilità soggettiva (Veneselli E., Pini G., 2010).
STADIO DELLA REGRESSIONE RAPIDA (DAI 18 MESI AI 2 ANNI) DURATA: SETTIMANE/MESI
Dopo un primo periodo di “stagnazione dello sviluppo” della durata anche di
poche settimane, subentra il secondo stadio con una apparente “regressione”
che esordisce talvolta in maniera drammatica con un cambiamento repentino del comportamento: la bambina si mostra poco interessata alle persone e all’ambiente circostante e lo sguardo perde in partecipazione e vivacità. Diminuisce gradualmente l’utilizzo delle mani e gli oggetti che dapprima venivano trattenuti con sicurezza sfuggono di mano (Veneselli E., Pini G., 2010).
Contemporaneamente iniziano a comparire le prime attività stereotipe delle mani, sintomo peculiare della sindrome. Il più noto è il movimento di sfregamento continuo simile al lavaggio delle mani (hand-washing). Altre tipologie diffuse sono: il battito delle mani sulla linea mediana del corpo (hand-clapping); la torsione delle dita (hand-wringing) con conseguente callosità e deformazioni
delle stesse; il portare spesso le mani alla bocca (hand-mouthing). A livello espressivo, caratteristica rilevante è la perdita della capacità di articolazione della parola; insorgono, inoltre, disturbi ipercinetici quali bruxismo e crisi oculogiriche, nonché disturbi ipocinetici quali scialorrea, bradikinesia e rigidità. Dal punto di vista emotivo sono frequenti gli sbalzi di
umore che, susseguendosi repentinamente sia nell’arco di poco tempo sia su un lungo periodo, potrebbero rendere conto in parte delle fluttuazioni dell’attenzione e del comportamento che queste bambine presentano. Sono frequenti anche i comportamenti l’autolesionistici e ansiosi (Sansom et al., 1993), ma pare che questi fenomeni tendano a diminuire con l’età e che i disturbi di riduzione del tono dell’umore prolungati non siano poi così frequenti. Più che di tipo autistico il disturbo comportamentale è assimilabile ad uno stato “attonito”, sub-stuporoso, con compromissione di funzioni attentive e di elaborazione e conseguentemente di interazione sociale, come in altri deterioramenti cognitivi su base psicorganica (Veneselli E., Pini G., 2010). In questa fase che può durare da settimane a mesi, le bambine sono irritabili, soffrono di insonnia e possono mettere in atto comportamenti autolesionisti.
STADIO PSEUDOSTAZIONARIO ( DAI 2 AI 10 ANNI) DURATA: MESI/ANNI
Successivamente si arriva ad una fase di “pseudostazionarietà”, stadio in cui la bambina tende a stabilizzarsi. Vi è un recupero dell’emotività e dell’interazione sociale dimostrato da un nuovo interesse verso l’ambiente circostante, nonostante le attività stereotipe siano continue durante il giorno (Veneselli E., Pini G., 2010). L’iposviluppo somatico diventa più evidente. Dopo
i tre anni può manifestarsi con evidenza crescente la scoliosi, che può raggiungere livelli di notevole gravità successivamente. L’osteoporosi è frequente e quindi va considerato il rischio di fratture. La coordinazione muscolare è compromessa. Le alterazioni del sistema neurovegetativo, spesso già iniziate nell’arco del secondo stadio, divengono evidenti in primo luogo a carico della respirazione, poi del sistema gastrointestinale ed infine del sistema cardiovascolare (Veneselli E., Pini G., 2010). Si possono presentare frequenti attacchi epilettici.
STADIO DI DETERIORAMENTO MOTORIO TARDIVO (DAI 10 ANNI IN POI) DURATA: ANNI
Migliorano il contatto emotivo, il contatto oculare e l’umore; diminuisce l’ansia. Gli attacchi epilettici sono più controllabili.
Dai dieci anni in avanti si può verificare, in alcuni soggetti, una “regressione motoria tardiva” che consiste in una perdita graduale delle abilità motorie evidenziata dalla minor estensione dei percorsi di deambulazione che può arrivare fino alla necessità dell’uso di una unità posturale. L’aggravamento può coinvolgere sia il trofismo muscolare che il tono, con frequenti manifestazioni distoniche e di torsione (Veneselli E., Pini G., 2010). Spesso i piedi sono freddi, bluastri e gonfi a causa dei problemi di trofismo. In questa fase sono frequenti problemi connessi all’alimentazione e alle esigenze nutrizionali delle pazienti. Possono manifestarsi sia problemi di deglutizione, soprattutto dei liquidi, che problemi connessi alla masticazione. I movimenti spesso anormali ed il tono muscolare alterato della lingua, la scoliosi, la rigidezza delle spalle ed i problemi neurologici generalizzati sono tutti elementi che contribuiscono
ad arrivare ad uno stato di malnutrizione che necessita in alcuni casi di trattamento tramite nutrizione parenterale o gastrostomia (PEG) (Veneselli E., Pini G., 2010)